Légami!

Légami! (Pedro Almodóvar, 1989)

 

Con Francisco Rabal, Victoria Abril, Antonio Banderas, Loles León, Rossy De Palma, Emiliano Redondo.

Titolo originale: ¡Atame!

Genere Drammatico - Spegna, 1989, durata 101'

 

Scelto come terzo film per la Rassegna

"¡Te deseo, Pedro!" da Cristina Compiano.

 

Presentato e discusso martedì 16 aprile 2019

La passione d'amore nel cinema di Pedro Almodóvar 

ALMODOVAR PRESENTA: UN MATTO ALLE PRESE CON UN'ATTRICE PORNO.

Un ragazzo psicologicamente instabile viene dimesso da un manicomio. Decide di sposare l'ex attrice di film porno e la rapisce, legandola al letto di casa per convincerla. All'inizio lei si ribella, ma poi si lascia andare al gioco della passione. Quello di Légami è un Almodóvar meno convincente del solito, che prende in alcuni casi troppo sul serio la materia di cui si è sempre preso beffa nei precedenti lavori. Se invece vuole darsi al dramma deve farlo più marcatamente, dando un taglio netto al passato.

Dimesso da una clinica psichiatrica, orfanello sequestra nel suo stesso appartamento una pornostar di cui è invaghito e la lega al letto, con lo scopo di darle il tempo di conoscerlo in modo che s'innamori di lui e lo sposi. Storia d'amore mimetizzata, in altalena tra commedia e melodramma, ammirabile per lo spessore dei personaggi, le accelerazioni di ritmo, l'umore beffardo delle scene erotiche e del modo con cui mette in discussione la nozione di normalità. Divertente specialmente nella prima mezz'ora. Diseguale, ma effervescente.

Recensione su Mymovies.it

Umorismo sadico per Banderas e Almodovar

Il titolo dell’ottavo film di Pedro Almodóvar potrebbe, a primo impatto, far alludere lo spettatore privo di cognizioni di causa alla pratica del sadomasochismo, e le cause di ciò non sarebbero neanche così irragionevoli, dal momento che, soprattutto nelle sue prime fatiche registiche, il buon Pedrito ci ha più volte mostrato cosa – e fin dove – la natura umana (etero od omosessuale che sia) sia disposta a spingersi al fine di appagare i propri desideri di natura carnale.
Ma, purtroppo o per fortuna, non è questo il caso, visto che il tema predominante in “Légami!” è l’amore, trasposto in celluloide con tutte le stravaganze e le contraddizioni che si possono riscontrare in tutta la filmografia del cineasta iberico.

Ci troviamo dinnanzi ad una pellicola della quale è assai difficile decifrare il genere di appartenenza, poiché classificarla come semplice commedia romantica non è solo sbagliato ma anche pretestuoso ed estremamente semplicistico, e ancor più difficile risulta trasformare in parole tutte le sensazioni che affollano la nostra mente al termine della visione.
Possiamo concepire “Légami!” come una sorta di parabola onirica sull’impossibilità di accettare la triste realtà in cui ci si trova costretti a vivere, una realtà dove le persone iniziano ad assumere lo stesso significato degli oggetti e delle cose materiali, al punto che noi stessi, come fa d’altronde il personaggio di Ricky, non vediamo altra possibilità se non quella di appropriarci con tutte quelle che sono le nostre forze delle cose (intese, in questo specifico caso, anche come persone) di cui sentiamo l’inappagabile mancanza e bisogno.
Uno degli intenti del film è, molto probabilmente, quello di cercare di far comprendere agli spettatori che, in un modo o nell’altro, siamo tutti vittime delle nostre dipendenze, che possono essere molto comunemente la dipendenza dalla droga (quindi da cose materiali) avvertita da Marina, che ricordiamo essere una ex tossica, e la dipendenza dalla stessa che pare essere l’unica ragione di vita per quanto riguarda Ricky, che, come avremo modo di scoprire, avrà risvolti quantomeno inaspettati.

Almodóvar non ci parla però soltanto di amore ed attrazione fisica tra l’uno e l’altro sesso, ma dedica inoltre particolare attenzione all’amore dell’essere umano verso l’arte, in questo caso l’arte cinematografica, e lo fa non solo in maniera plateale e conforme alla narrazione attraverso il personaggio del regista Máximo Espejo, ossessionato anch’esso dalla bellezza di Marina, ma ne compie altresì un interessante sviluppo attraverso il linguaggio prettamente cinematografico, facendo della macchina da presa l’oggetto indispensabile per appagare il proprio voyeurismo. Analogamente ad uno pionieri della New Hollywood quale Brian De Palma, anche Pedrito considera il porno come un valido espediente per dare sfogo alle proprie pulsioni voyerstiche, riuscendo tuttavia a mantenerne il distacco quando si trova a girare un’intensa scena di sesso tra Ricky e Marina che verrà sicuramente ricordata come una delle più significative e curiose della cinematografia anni ’90.
L’efficacia dimostrata dal punto di vista stilistico e tecnico, con un’ottima colonna sonora firmata dal nostro Ennio Morricone, è consolidata inoltre da ottime interpretazioni da parte di tutti gli interpreti, con una doverosa nota di merito ai due protagonisti: Antonio Banderas e Victoria Abril, artefici di due performance tanto bizzarre da sembrare quasi fumettistiche ma indubbiamente emozionanti. Da sottolineare il fatto che, Banderas, sino ad allora uno degli attori feticcio di Almodóvar, al termine delle riprese ha definitivamente abbandonato (a livello professionale) la natia Spagna andando alla ricerca del Sogno Americano, divenendo in tutto e per tutto un divo di Hollywood.

La non indifferente complessità del ruolo e la meticolosa preparazione a cui si è dedicato lo spinsero infatti a lasciare da parte i personaggi ‘difficili’ come il suo Ricky a favore di ruoli dallo stampo dichiaratamente commerciale.
Per i seguaci del cinema Almodóvariano più sperimentale ma come sempre appassionato, questa commedia totalmente sui generis, se confrontata con gli attuali format dell’industria cinematografica statunitense ed europea, rappresenterà certamente un’autentica gioia per gli occhi.