Casotto

Casotto (Sergio Citti, 1979)

 

Con Paolo Stoppa, Jodie Foster, Ugo Tognazzi, Michele Placido, Mariangela Melato.

Titolo originale: Casotto.

Genere Commedia - Italia, 1977, durata 100'

 

Scelto come secondo film per la Rassegna

"Cinecocomero d'Autore" da Antonello Cossu.

 

Presentato e discusso martedì 18 giugno 2019

CINECOCOMERO D'AUTORE

Un variegato e grottesco campionario di umanità descritto da Sergio Citti

Il casotto è la cabina pubblica di una spiaggia libera di Ostia, che fa da scena fissa. Va e viene un campionario di umanità non proprio edificante: due nonni che cercano di trovare un merlo che sposi la loro nipotina incinta; due ragazze che cercano di circuire un ridicolo funzionario; una coppia che non riesce a fare all'amore. Alla fine del pomeriggio un acquazzone costringe tutti a sbaraccare.

Il verismo in chiave ironica. Eccellente commedia girata interamente in una cabina di pochi metri quadri con un cast d'eccezione. E' una fotografia della società italiana degli ani '70, diverte senza mai degradare nella demenzialità.

L’Italia vivisezionata. Valutazione 5 stelle su cinque di Noia1

In un casotto si intrecciano le vicende di vari gruppi di persone nell’Italia di fine anni settanta.
Quando un film italiano è fato bene lo si vede e questo film ne è una delle tante prove, un film che non solo fa ridere ma che ha anche un intento più profondo, quello di rappresentare la società del tempo e se si sta attenti ci si rende conto che le cose non sono poi così cambiate rispetto ad oggi.
 Tutte le paranoie, i vizi, il cinismo, i luoghi comuni, la stupidità vengono messi in mostra senza freni e con un realismo spietato sfruttando anche una sceneggiatura che funziona in maniera fantastica e abusando delle telecamere che interpretano le situazioni nella maniera più efficace.
Interessante è la metafora della nudità, i personaggi si spogliano ma vengono anche spogliati, vivisezionati in tutti i loro aspetti più nascosti, vengono mostrati tutti i lati che di solito l’italiano medio si risparmia di mostrare in pubblico in una satira che graffia e resa ancor meglio da interpreti efficaci e mattatori che è impossibile non amare.

Il Villon del cinema! Valutazione 4 stelle su cinquedi Faber

Il film non è, come "Il minestrone", "Mortacci" ed altri, epico. L'epica non è però tentata, perchè non c'è nulla che i Citti tentino di fare che non riesca, è proprio bandita; manca nel tono, non la si vuole usare per fare un quadro di una caratteristica innata del borgataro italiano (La fame) nè per fare un meraviglioso poema allegorico e definire le cognizioni e i sensi popolari. Questo film si propone semplicemente, un po' a mo' di commediaccia (in senso positivo, perchè mi riferisco a quella degli anni 70!!) di ritrarre vizi ed essenze (o vizi essenziali, oppure ancora essenze viziate) dell'italiano. Non medio, italiano e basta!Le vicende spaziano dai morti di fame di borgata (Franco Citti, ovviamente, e un surreale Proietti) al ricco usuraio complessato Tognazzi, a Paolo Stoppa e una folgorante Jodie Foster, all'immenso Carlo Croccolo che cerca disperatamente il momento opportuno di "Trafiggere con la sua spada" la francesina Betty, mai riuscendovi, al sempiterno poetico Ninetto Davoli che accompagna lo scorrere scanzonato del film con sporadiche apparizioni da folletto, ecc... un film necessario, un po' fuori dal consueto, ma necessario, indispensabile, forse, per capire l'ottica generale dei Citti di quella situazione che, infine, è la solita: Vizi e virtù (molto, molto implicite) del popolo italiano; cogliere e immortalare ciò che, passerà il tempo, cambieranno le mode, le fonti di plagio, la società, le nuove tendenze, resterà sempre uguale. Forse un senso di povertà avvertita, anche se non vista, o quel senso di prevaricazione bestiale, e di approfittamento dei più deboli (in realtà inesistenti, perchè tutti si è nella stessa barca, anche se l'italiano non vuole ammettere mai d'esserci), la spavalderia, la miseria, e la consapevolezza e l'umiltà profonda, vera perchè mai esibita od elogiata dall'italia popolare che la possiede. Un pò con satira, un pò con compassione o assoluzione, Citti fa sempre e comunque Poesia; originale, epica come l'opera dei pupi, che è tutta popolare, e vuole sempre,forse per l'insegnamento pasoliniano, portare la realtà a una dimensione più alta di quella che in realtà è (ragion per cui dovresti vedere un suo film, anzichè passare la sera al bar!)Non bisogna mai ignorarla, ma esasperarla, esagerarla, filtrarla con l' animo dell'artista che nè vuole parlare. Per questo non mi sento di parlare in Citti di realismo, ma solo, e meglio ancora, di poesia. La poesia che l'uomo è pure nel suo torpore, e che questo Francois Villon del cinema, un po' maledetto, un po' esaltato, ma sempre veritiero, non fa altro che incorniciare nella sua cinepresa.

Un miglione...grosso modo. Valutazione 3 stelle su cinquedi ultimoboyscout

Il film si svolge all'interno di un casotto, uno spogliatoio, antenato dei moderni stabilimenti balneari, ai tempi in cui Proietti si chiamava ancora Luigi. Si svolge da mattina a sera e racconta le storie di una carrellata di personaggi farseschi, strampalati, alcuni molto divertenti. Corre l'anno 1977, erano anni difficili quelli, ma il cinema nostrano era vivo e film imprevedibili e coraggiosi erano più o meno all'ordine del giorno. Grazie ad un cast incredibile, sopra le righe e decisamente coeso ed eterogeneo per la buona riuscita del film. Mattatori assoluti Stoppa  e Tognazzi, la sorpresa Jodie Foster fresca di Oscar (che nonostante tutto non riesce a rendersi simpatica e a sciogliersi nemmeno in occasioni come queste), Proietti e Citti coi loro dialoghi romaneschi e ancora un giovane Placido, Davoli, la Melato e la Deneuve tutti in costume da bagno agli ordini dell'altro Citti, il regista Sergio, nonostante si girasse in febbraio. La pellicola è insolita, strana ma geniale, a metà strada tra tragico e comico, un pò trash e un po' kitsch, rivalutata da un recentissimo remake di Matteo cerami figlio di Vincenzo, qui sceneggiatore. L'occhio del regista è bonario e popolare, di grande umanità, stupida e furba al tempo stesso. Da (ri)scoprire.